08
Alla Scoperta della Corsica più Autentica
Diario di Volo
Lasciamo Bastia con il tramonto che colora il cielo e il mare. Sorvoliamo Saint-Laurent-de-Moriani, porta dell’entroterra corso, scoprendo la sua storia tra torri genovesi e antiche tradizioni. Il volo prosegue tra le montagne fino a Lama e Novella, borghi immersi in una Corsica ancora intatta. L’Île-Rousse ci accoglie con il suo granito rosso, mentre Calvi ci svela le sue storie di marinai, esploratori e battaglie. Un viaggio tra storia, natura e fascino mediterraneo.
Punti di interesse sorvolati
da Bastia a Calvi
Verso l’ignoto, tra cielo e montagne
Gli ultimi saluti a Isabelle e Laurent risuonano ancora nelle nostre teste mentre decolliamo da Bastia. La cittadina e la sua laguna scorrono alla nostra destra, immerse nella luce viola del tramonto. La salita procede senza problemi, il Cessna prende gradualmente quota. Veronika è concentrata sulla guida, come sempre aperta sulle sue ginocchia, mentre io controllo gli strumenti di bordo.
All’improvviso, Skippy spicca un salto in avanti dal sedile posteriore e atterra direttamente sulle gambe di Veronika, che sobbalza per la sorpresa. La guida le scivola dalle mani e cade a terra tra i pedali.
«Ehi, Skippy! Che hai visto?» esclamo, mantenendo la concentrazione sulla rotta.
Veronika recupera la guida e la osserva con aria interrogativa. Skippy è in piedi sulle sue zampe posteriori, il muso proteso in avanti con aria seria. Non è il solito scatto giocoso: sta cercando di attirare la nostra attenzione su qualcosa. Con la zampa, inizia a picchiettare il tablet di bordo.
«Aspetta un attimo…» Veronika si sporge, osservando meglio. «Sta cercando di dirci qualcosa.»
Skippy insiste, batte ripetutamente la zampa su un punto preciso della schermata di navigazione. Mi avvicino con lo sguardo e finalmente capisco: l’altitudine impostata per la rotta è leggermente errata rispetto a quella consigliata. Niente di critico per un volo VFR ma una discrepanza che lei ha notato prima di noi.
Mi giro verso Skippy che mi fissa con aria soddisfatta, la coda che si muove appena.
«Aspetta… vuoi dirmi che hai notato questa cosa prima di noi?» dico, quasi incredulo.
Skippy inclina la testa e alza le zampine con i palmi verso l’alto, come per dire: “Era importante, no?”
Veronika scoppia a ridere. «Camillo, credo proprio che abbiamo addestrato una copilota migliore di quanto pensassimo.»
Veronika corregge il dato sulla rotta. Certo, non era nulla di pericoloso, ma il fatto che Skippy abbia associato la rotta all’altitudine corretta e l’abbia segnalata come un vero navigatore è sorprendente.
La guardo con un mezzo sorriso. «Mi sa che dovrò aggiornare il tuo ruolo da ‘navigatrice di bordo’ a qualcosa di più serio.»
Skippy indica la spilletta apposta da Carlo sulla sua giacchetta, come a dire che le sue ali le ha già.
Veronika ride, accarezzandole la testa. «Direi che tra poco dovremo farle un brevetto onorario.»
Skippy si accoccola sul sedile ma il petto gonfio tradisce il suo orgoglio per la missione compiuta.
Veronika le lancia un ultimo sguardo divertito prima di tornare alla guida. Là fuori, il cielo cambia.
Una pioggerellina leggera ci sorprende, portata dalle innumerevoli nuvolette sparse. Le gocce sottili danzano sul parabrezza senza ostacolarci, anzi, amplificano la magia del momento rendendo lo scenario ancora più suggestivo.
Siamo abbastanza alti da superare le montagne in sicurezza. Si avvicinano rapidamente. Scollinando oltre il crinale, il panorama si spalanca davanti a noi con una bellezza mozzafiato: Saint-Laurent, piccolo punto lontano sulla costa, si lascia intravedere tra il mare e la terra. Alla nostra destra, il Mar Mediterraneo si fonde con il cielo, mentre a sinistra le montagne si innalzano imponenti. Davanti a noi, la costa serpeggia in un susseguirsi di insenature e rilievi che catturano ogni pensiero. Nessuno parla. È uno di quei silenzi contemplativi che regalano relax e si imprimono nei ricordi, indelebili.
Ci sono tramonti che si imprimono nell’anima soprattutto quando li osservi dall’alto, sospeso tra il cielo e la terra.

Saint-Laurent-de-Moriani, la perla discreta della costa orientale
Iniziamo la discesa verso Saint-Laurent-de-Moriani, Veronika riprende a leggere dalla guida con la sua solita curiosità, approfittando del momento di calma dopo l’irruzione di Skippy.
«Allora… vediamo un po’ cosa dice la guida su Saint-Laurent» inizia, sistemandosi meglio sul sedile. «Qui dice che il villaggio è uno dei più antichi della regione, fondato già in epoca medievale. Il suo nome completo sembra essere Saint-Laurent-de-Moriani. Moriani è il nome della piana su cui si affaccia, una delle più fertili della Corsica. È sempre stato un punto strategico per il commercio e i collegamenti tra la costa e l’entroterra. Per secoli sembra sia stato un crocevia fondamentale per pastori e mercanti.»
«Interessante… e che altro dice? C’è qualche storia particolare legata a questo posto?»
Veronika scorre con le dita lungo la pagina. «Qui raccontano di un’antica tradizione legata alla festa di San Lorenzo. Ogni anno, il 10 agosto, la gente si riunisce per una celebrazione che mescola fede e folklore. Una volta si diceva che, in quella notte, si potessero vedere le ‘lacrime di San Lorenzo’ – le stelle cadenti insomma. Le famiglie lasciavano lanterne accese sulle finestre per onorare il santo e chiedere protezione per i viaggiatori.»
Osservo la costa e rifletto ad alta voce. «Chissà quante persone hanno osservato queste stelle cadenti negli anni… Eppure, ogni generazione vive questo momento come se fosse il primo.»
«Forse perché il cielo non cambia mai, mentre noi sì» continua Veronika. «La tradizione si è mantenuta nel tempo. Oggi è una festa più turistica ma gli abitanti tengono molto a questa celebrazione. Ci sono processioni, musica e, alla fine della serata, rilasciano piccole luci galleggianti nel fiume.»
Mentre il villaggio scorre sotto di noi, cerco di immaginarlo illuminato da quei riti antichi. L’aria limpida della sera esalta le forme del territorio, le strade che serpeggiano tra la vegetazione, le case sparse lungo la costa.
Con un leggero movimento della cloche cambio rotta. Saint-Laurent-de-Moriani si allontana dietro di noi, mentre l’entroterra emerge all’orizzonte, svelando un paesaggio tutto nuovo.
Ogni luogo ha le sue storie da raccontare e spesso le più affascinanti sono scritte nei gesti e nei riti delle persone che lo abitano.

Nel cuore dell’isola, tra monti e villaggi silenziosi
Ci addentriamo nell’entroterra, dove le montagne scolpiscono l’anima più nascosta della Corsica. Da quassù il paesaggio cambia completamente: le distese sabbiose e le località turistiche lasciano spazio a valli profonde, boschi fitti e piccoli borghi di pietra arroccati sulle pendici dei rilievi.
Sorvoliamo Lama, un villaggio che sembra quasi scolpito nella roccia, e poi Novella, incastonato tra le colline della macchia mediterranea. Paesi silenziosi, immersi in un tempo che scorre più lentamente.
«Isabelle ci diceva che in passato vivere nell’entroterra era una necessità, non una scelta» ricorda Veronika, sfogliando la guida. «La gente si rifugiava qui per sfuggire alle incursioni dei pirati e alla minaccia costante della guerra. I paesi come questi erano il cuore pulsante della Corsica, collegati da sentieri impervi e strade battute solo da muli e cavalli.»
«Doveva essere una vita dura. Senza le comodità di oggi. Senza strade asfaltate. Senza collegamenti diretti con la costa.» rifletto.
«Eppure, erano comunità autosufficienti» continua Veronika. «Facevano affidamento sulla terra, sull’allevamento, sui castagneti e sulle poche coltivazioni possibili a questa altitudine.»
Per un attimo penso a Isabelle e Laurent, alla loro casa a Corte, immersa nelle montagne, e a quanto fossero legati alla loro terra. Laurent parlava della Corsica con orgoglio, come di un luogo che resiste al tempo e ai cambiamenti ma che lentamente sta cambiando anche lui.
«Ormai la costa è tutta un’altra storia» rifletto, osservando l’orizzonte dove il mare si perde nel cielo. «Il turismo ha trasformato i villaggi in luoghi caotici, pieni di vita ma anche lontani da quell’autenticità che si respirava un tempo. Qui, invece, sembra che tutto scorra con un ritmo diverso.»
Veronika annuisce. «Anche qui, però, le cose stanno cambiando. La guida dice che molti di questi paesi si stanno spopolando. I giovani preferiscono le città, la modernità, la vita più dinamica. Chi resta lo fa per scelta o perché non ha alternative.»
Osservo il borgo di Novella scorrere sotto di noi. Case antiche, strade strette, piazze vuote. Mi chiedo quante finestre siano illuminate, quante case siano ancora abitate.
«Succede anche in Italia» dico «piccoli borghi che si svuotano, tradizioni che rischiano di perdersi. È il prezzo del progresso, forse.»
Veronika resta in silenzio per un attimo, poi chiude la guida e si appoggia al sedile. «Forse è solo il ciclo naturale delle cose.»
Il Cessna continua a scivolare sopra i rilievi, seguendo le pieghe della terra. Tra passato e futuro, tra resistenza e cambiamento, la Corsica sembra sospesa in un equilibrio fragile.
Ci sono luoghi dove il tempo scorre più lentamente e dove il legame con la terra è più forte di qualsiasi progresso.

Verso l’Île-Rousse, la città della luce
Torniamo verso la costa. Il contrasto è netto: l’entroterra era immerso nel silenzio, con i suoi villaggi arroccati e le strade deserte; qui, invece, le luci brillano lungo il litorale segno di movimento e modernità.
L’Île-Rousse appare all’orizzonte, incastonata tra il mare e le rocce rossastre. Il suo nome non è casuale: deve la sua identità proprio a quei blocchi di granito che, al tramonto, assumono una tonalità infuocata.
«L’Île-Rousse… si distingue subito dal resto.» rifletto ad alta voce.
«E ha una storia particolare. Sai che questa città l’ha voluta Pascal Paoli?» risponde Veronika.
Riduco velocità e quota per godermi meglio il paesaggio. Pascal Paoli. Un nome che in Corsica è ovunque: statue, strade, piazze, aeroporti.
«Il padre della rivoluzione corsa, giusto?» chiedo, accennando un sorriso imbarazzato.
Veronika annuisce. «Esatto. Nel 1758, mentre lottava per l’indipendenza, decise che la Corsica doveva avere un porto che non fosse controllato dai genovesi. Così fondò L’Île-Rousse, un centro che potesse garantire commerci sicuri e, allo stesso tempo, essere difeso dagli attacchi via mare. Sai una cosa ironica? In una città nata per sottrarsi ai genovesi, la lingua ligure è rimasta la lingua del posto fino all’Ottocento.»
Mi appoggio ai comandi e sorvoliamo lentamente il promontorio. Una città corsa, pensata come una città francese, ma che parlava una lingua italiana.
«Non sembra nemmeno un borgo corso» rifletto osservandola.
«Infatti» conferma Veronika. «Paoli voleva che somigliasse di più alle città della costa francese: strade larghe, edifici bassi, un porto funzionale. Insomma, un simbolo della nuova Corsica che sognava.»
L’isolotto rosso che ha dato il nome alla città emerge dal mare come una piccola fortezza naturale.
«Ecco la Pietra» dice Veronika, indicando il massiccio di granito. «Immagina i primi marinai che si avvicinavano qui… Dev’essere stato uno spettacolo surreale per loro.»
Skippy si sporge tra i sedili con le orecchie dritte. Sta fissando qualcosa.
«Ti piace il faro, piccola?» dico, accennando con il mento alla torre bianca che si erge sulla sommità dell’isola.
«Phare de la Pietra» legge Veronika. «Costruito nel 1857, uno dei fari più importanti della Corsica.»
«E sai qual è la cosa interessante?» aggiungo, guardando Skippy. «I fari non servono solo ai marinai.»
Skippy inclina la testa e mi osserva incuriosita.
«Anche per noi piloti ci sono dei fari» continuo. «Negli aeroporti, le piste hanno luci di avvicinamento per gli atterraggi notturni e radiofari che ci tengono sulla rotta anche con il brutto tempo.»
Veronika sorride. «Quindi, nel viaggio come nella vita, serve sempre un faro. Qualcosa che ci guidi, un punto di riferimento, una direzione.»
Le luci della costa tremolano nell’oscurità, ognuna con un significato diverso. Sorrido. «Già… la parte difficile è scegliere quella giusta.»
Alcuni luoghi sono nati per brillare al tramonto. L’Île-Rousse è uno di questi, con il suo granito rosso che si accende di fuoco.

Calvi, tra storia e leggenda
Il sole basso all’orizzonte avvolge la baia di Calvi in una luce calda e dorata, rendendo il panorama ancora più suggestivo quando arriviamo alla baia di Calvi. Dal sedile posteriore, Skippy si alza sulle zampe, infilando il musetto tra i due sedili anteriori. I suoi occhi seguono rapiti l’imponente cittadella, le orecchie tese come se volesse catturare ogni dettaglio.
Veronika sorride e le accarezza la testa. «Bella, vero? Aspetta che ti racconti un po’ di storia su Calvi…» dice, scorrendo la guida e iniziando a leggere con la sua solita voce calma.
«Qui dice che la cittadella fu costruita dai Genovesi nel XIII secolo, quando controllavano la Corsica. La fortificarono per renderla una delle roccaforti più inespugnabili dell’isola. A differenza di altre città corse, Calvi rimase fedele a Genova per secoli, anche quando il resto dell’isola lottava per l’indipendenza.»
Skippy inclina la testa, come se stesse elaborando le informazioni.
«Pensa» continua Veronika, «forse i corsi non cercavano solo l’indipendenza ma anche stabilità. Genova garantiva protezione, commercio sicuro, un porto attivo…»
«Quindi, in fondo, il viaggio e la stabilità non sono così opposti come pensavamo» rifletto, lasciando che l’aereo scivoli dolcemente sopra la città.
Skippy li osserva, poi batte una zampa contro il cruscotto con aria soddisfatta.
Veronika ride. «Credo che Skippy sia d’accordo.»
«O magari ha solo fame e non vede l’ora che arriviamo» aggiungo, divertito.
Sorvoliamo lentamente il porto con le sue barche ormeggiate che sembrano minuscole dall’alto.
«Senti questa!» esclama Veronika, indicando un passaggio nella guida. «Alcuni storici sostengono che Cristoforo Colombo sia nato qui, a Calvi e non a Genova. Esiste persino una targa nella cittadella che afferma questa teoria.»
«Davvero?» intervengo, sorpreso.
«Alcuni storici sostengono che Colombo sia nato a Calvi, ancora sotto il dominio genovese. Non ci sono prove ma qui c’è persino una targa che lo ricorda.» Veronika sfoglia ancora la guida. «E senti questa: nel 1794, durante l’assedio inglese, un giovane Horatio Nelson perse un occhio proprio qui.»
«Nelson? Quel Nelson che poi sconfisse Napoleone a Trafalgar?» rifletto, sorpreso. «Quindi Colombo e Nelson… niente male come storia per una cittadina di mare.»
«E non è tutto» aggiunge Veronika. «Calvi è famosa anche per il suo festival di musica. Si chiama Calvi on the Rocks ed è uno degli eventi estivi più importanti della Corsica. Qui arrivano artisti da tutto il mondo e trasformano la spiaggia in un enorme palco all’aperto.»
Skippy muove la coda, probabilmente entusiasta all’idea di una spiaggia piena di musica e persone mentre allineo il Cessna per l’atterraggio, lasciandoci alle spalle la cittadella sospesa tra storia e leggenda.
Ogni città ha il suo eroe e la sua battaglia. Calvi ne ha avuti più di uno e ogni pietra della sua cittadella ne custodisce la memoria.

Una notte a Calvi e una domanda senza risposta
L’atterraggio all’Aéroport de Calvi-Sainte-Catherine è tranquillo, accompagnato dalle ultime luci del crepuscolo che sfumano nel buio. Dopo aver completato le procedure e sistemato il Cessna per la notte, con gli zaini in spalla, ci dirigiamo verso il taxi che ci porterà al nostro albergo, prenotato proprio in centro a Calvi.
Durante il tragitto, la città si svela piano piano tra i lampioni e le luci calde dei ristoranti lungo il porto. Anche al buio la città pulsa di vita. Le luci calde dei ristoranti si riflettono sulle onde, mentre la cittadella, illuminata, domina silenziosa il promontorio.
Veronika osserva il panorama dal finestrino e rompe il silenzio con una domanda che sembra esserle appena balenata in mente. «Ma perché la Corsica ha voluto l’indipendenza dai Genovesi, per poi finire sotto la Francia senza mai riuscire a restare autonoma?»

Ci penso per un istante, poi scuoto la testa. «Domanda interessante… Forse non si trattava solo di indipendenza ma di quale indipendenza scegliere. Magari domani potremmo chiedere a qualcuno del posto. Sarebbe interessante capire la loro prospettiva.»
Veronika annuisce. «Sì, chissà cosa ne pensano oggi i corsi di quel passaggio storico… Se l’indipendenza è ancora un sogno… o solo una storia da raccontare.»
Le città di mare hanno tante storie da raccontare. Alcune sono scritte nelle pietre delle loro mura, altre si riflettono nelle onde del porto.
Riassunto
Il nostro viaggio riprende con un decollo su Bastia al tramonto, mentre la laguna si riflette nei colori della sera. Le prime nuvole ci avvolgono in una pioggia sottile, ma l’orizzonte si apre davanti a noi con la bellezza aspra della costa corsa. Saint-Laurent-de-Moriani si mostra come un villaggio antico, porta d’accesso tra mare e montagna. Veronika scopre sulla guida le sue tradizioni legate a San Lorenzo, con lanterne e stelle cadenti che illuminano la notte.
Sorvoliamo le colline e ci addentriamo nell’entroterra corso, dove piccoli borghi come Lama e Novella raccontano una Corsica più silenziosa e autentica. Qui il tempo sembra essersi fermato, tra case di pietra e paesaggi che un tempo offrivano rifugio dagli attacchi pirateschi. Il Monte Cinto, la vetta più alta dell’isola, ci appare maestoso, con la neve che ne accentua il contrasto con il verde delle foreste.
Tornando verso la costa, l’Île-Rousse ci sorprende con la sua Pietra, l’isolotto di granito rosso che dà il nome alla città. Qui Pascal Paoli volle costruire una città indipendente dal controllo genovese, dando vita a un porto che ancora oggi conserva un carattere particolare. Un faro domina l’isola, mentre le strade della città rivelano un’anima più francese rispetto ad altri centri corsi.
Infine, raggiungiamo Calvi, dove la sua imponente cittadella genovese ci racconta secoli di resistenza e fedeltà alla Repubblica di Genova. Veronika legge sulla guida la curiosa teoria secondo cui Cristoforo Colombo sarebbe nato proprio qui, mentre io scopro che fu in queste acque che Horatio Nelson perse un occhio durante una battaglia. Calvi ci accoglie tra storia, mare e leggenda, mentre ci prepariamo a esplorarla a terra.
verso nuove storie da raccontare.